Twitter: riflessioni in libertà
Twitter sembra essere oggi in grado di affrontare la sfida al social network per eccellenza: Facebook. L’arrivo in Italia della nuova piattaforma pubblicitaria è un altro segnale forte. Cosa c’è dietro il successo del social del cinguettio? Pensieri e riflessioni sparse tra un viaggio da pendolare e l’altro.
Il successo di chi ha saputo reinventarsi
Quella della creazione di Twitter è una storia molto curiosa che vede più di un protagonista. I nomi sono quelli Noah Glass e Evan Williams, legati alla società Odeo(ilsecondoaveva già dato il suo contributo all’innovazione tecnologica con la piattaforma Blogger). Del team fanno parte anche Jack Dorsey (web designer), Balin Cook (ingegnere) e Christopher Stone detto “Biz”, ex Google e, secondo le fonti, il “saggio” del gruppo. Il progetto iniziale risale al 2005 ed era quello di lanciare una piattaforma integrata per la creazione e generazione dei poadcast che avesse una struttura simile a quella di una casella vocale. Sfortuna vuole che proprio in quei mesi anche Apple stesse lanciando una nuova versione di iTunes che avrebbe comportato la diffusione per telefoni e iPod di una nuova piattaforma dedicata proprio alla gestione dei post. Poco da fare: Apple avrebbe ceduto praticamente gratis un servizio che si pensava a pagamento. A volte dalle “sconfitte”, se di sconfitta si può parlare, nascono le più grandi vittorie. Sempre che siano gestite con consapevolezza e cpacità di reinventarsi. Ecco allora che dopo lunghi incontri il team ha sfornato una propria idea (sulla singola paternità ancora si discute): creare un servizio che permettesse a un individuo di comunicare con un ristretto numero di persone con un messaggio istantaneo, immediato. Da qui nasce “Twttr”, nome in codice di Twitter, lanciato poi nel 2006. Per una storia completa vi suggerisco questi due articoli di Claudio Giua (http://goo.gl/hcXcal) e Gianluca Nicoletti (http://goo.gl/6SYAD1)
L’essenza della brevità
Alla base di Twitter ci sarebbbe, dunque, l’immediatezza. Quello che salta all’occhio però è la limitazione dei caratteri. Centoquaranta per esprimere un punto di vista, un concetto, un proprio modo di vedere la realtà o di far sapere al mondo cosa si sta facendo in un determinato istante. Una, forse, “la” grande differenza con Facebook sta proprio qui: limitare l’espressività umana? Non credo… Favorire l’immediatezza del pensiero? Probabile… Spingere sul valore dell essenzialita in un mondo dove tutti parlano di tutto? Altrettanto probabile…
Twitter e Carpe Diem
Sii breve, che un discorso lungo non può mai dar piacere, scrisse Miguel de Cervantes, in Don Chisciotte della Mancia. I creatori di Twitter volevano fondare il successo della loro idea sull’immediatezza e allora è giusto che sia così. Per essere immediati bisogna essere brevi e concisi e anche in 140 caratteri possiamo nascondere l’essenza di un discorso. Forse nell’idea originaria immediatezza e originalità avrebbero dovuto coincidere tra di loro. Un cinguettio è una voce, un suono che si esaurisce in un attimo. E se Twitter fosse il Social del Carpe Diem, del cogli l’attimo. Sicuramente il flusso di informazioni è continuo: un cinguettio dietro l’altro, a volte difficile anche seguirne il ritmo. La verità è che forse anche dietro Twitter si nasconde probabilmente il Politically correct: siamo sinceri… Se in certe situazioni dovessimo scrivere davvero i primi 140 caratteri che ci passano per la testa? Suvvia…siate sinceri! Questo sì che sarebbe davvero divertente…
Limitare per riflettere o riflettere per limitare
Al di là di ogni discorso teorico dunque, non è il numero di caratteri a determinare l’immediatezza della comunicazione. Soffermiamoci per un attimo a pensare: ecco…abbiamo già perso l’immediatezza. Se “devo” fermarmi a pensare di “limitare” il mio pensiero a soli 140 caratteri non ho già forse perso l’attimo? Forse c’è anche questo dietro al fatto che Twitter sia diventato il “social dell’informazione” e del “commento televisivo”. Pensieri brevi, informazioni, pareri, punti di vista a volte poco elaborati ma pungenti. Non sempre però immediatezza e chiarezza coincidono ma è anche vero che le due cose si favoriscono l’un l’altra. A volte non bastano mille parole per farsi capire, altre ne bastano due… a volte, quando la prossimità è fisica e non virtuale, non servono nemmeno le parole (sì lo so, è un concetto iper abusato ma qui ci stava bene ;-), anche noi anime social, sotto una scorza da finti nerd, un poco intellettuale e tecnologica, siamo dei sentimentaloni in verità).
Antoine de Saint Exupery scrisse nel Piccolo Principe “L’essenziale è invisibile agli occhi”. L’essenziale è invisibile anche alle parole a volte: non è un carattere in più o in meno a fare la differenza.